Sul numero di settembre di Comunità Parrocchiale è apparso un articolo di Felice Nani dal titolo “Un parroco della parrocchia di s. Bartolomeo di Lallio” avente per oggetto un documento che tratta la presenza ad Albino di un parroco di Lallio, Filippo de Laripa, in occasione posa della prima pietra di una chiesa dedicata anch’essa a s. Bartolomeo. Scoperta interessante per la storia del nostro paese. Ha colto la mia attenzione il fatto che l’autore facesse risalire l’origine della nostra chiesa parrocchiale ad una domus umiliata, ovvero a un convento di una congregazione molto fiorente tra ‘200 e ‘300 e saldamente radicata nella nostra diocesi.

Questa tesi al momento mi lascia molto perplesso in quanto ritengo che siano maggiormente forti le ragioni che portano a negarla rispetto a quelle a favore, ciò nonostante il fatto che nel libro Lallio e la sua storia, scritto dal p. Tarcisio Rota e dal sottoscritto, abbiamo sostenuto a pag. 95 questa tesi, seppur in forma dubitativa, fondandola sull’esistenza nel XIV secolo di un religioso di questa comunità collegabile al paese, certo Marchesino di Lallio.

Il breve, ma denso articolo del Nani, è stata l’occasione per iniziare una ricerca che non mi consente di arrivare a una conclusione definitiva, ma pur tuttavia desidero portare qualche elemento a un argomento che richiede certamente ulteriori approfondimenti.

Incominciamo dagli argomenti contro. Il nome di Lallio non appare in alcun elenco dei conventi di quest’ordine: né nel catalogo del 1298, conservato alla Biblioteca braidense, né in quello del 1344, edito dal Tiraboschi e neppure in un catalogo attribuito al 1419 e conservato alla Biblioteca ambrosiana in un codice del XVII secolo, messo però di recente in discussione.

Abbiamo invece testimonianze intorno a proprietà degli umiliati a Lallio: il convento di Rasulo (il toponimo ‘Rasulo’ indicava la zona dell’attuale Sentierone, ossia quella parte del prato di s. Alessandro ove sorgevano la chiesa di s. Bartolomeo, la casa degli umiliati con annesso ospedale) era una comunità doppia, ovvero mista, maschile e femminile; intorno al 1259 nacque una casa femminile che si staccò definitivamente da quella maschile nel 1353. Proprio nel documento del 1353, attestante la divisione, si trova un indizio sul patrimonio fondiario acquisito tra Due e Trecento dalla domus de Rasulo; da altri atti privati rinvenuti da M. T. Brolis nel corso della ricerca pubblicata in Gli umiliati a Bergamo nei secoli XIII e XIV (Milano, 1991), e dalla quale ho tratto molte informazioni, è possibile individuare le località in cui questi religiosi avevano le proprietà e Lallio è incluso fra questi paesi insieme ai vicini Grumello e Sabbio. Sempre secondo la citata autrice anche il convento cittadino del Galgario possedeva beni immobili nel nostro paese. Ora, il fatto che questo ordine religioso avesse proprietà in un certo posto non è prova che vi avesse anche una casa, soprattutto se questi possedimenti erano di conventi siti in altre località. La stessa M. T. Brolis, interpellata, esclude che a Lallio possa essere esistito un convento di quest’ordine.

L’autore dell’articolo apparso due mesi or sono su Comunità Parrocchiale porta come elemento a favore della tesi il titolo di primicerio del quale i parroci di Lallio si sono fregiati già dal 1336. Il significato di questo termine è variato molte volte nel corso della storia della chiesa fino al 1100 per poi rimanere utilizzato da alcuni capitoli di cattedrale. L’origine di questo titolo, secondo me,  può essere collegabile con l’origine della parrocchia. Nella prima metà del '200 l'autorità comunale di Bergamo decise di rendere autonomi alcuni paesi appartenenti al proprio territorio. In seguito a tale scelta anche l’autorità religiosa decise di rendere autonomi dalla pieve urbana il territorio fuori delle mura, anche a causa della vasta superficie di questa pieve, ma i capitoli della cattedrale trattennero ancora una quota del provento decimale. Nonostante la resistenza dei canonici, gran parte del territorio urbano fu smembrato dalla chiesa matrice e dalla divisione ebbero origine delle parrocchie rurali autonome, con un proprio battistero e rettori residenti per l’amministrazione dei sacramenti. I canonici mantennero però il diritto al prelievo delle decime, per la parte spettante, mentre i rettori delle chiese parrocchiali furono mantenuti con benefici creati da un patrimonio immobiliare, messo a disposizione dalle comunità interessate, e dai proventi derivanti da offerte, anniversari e diritti di natura sacramentale. Fu così che Lallio, assieme a Scano e a Seriate, altre sedi primiceriali, divenne autonoma; ciò avvenne fra l'anno 1215 e l'anno 1260. Inoltre bisogna tener conto che la presenza di un convento non ‘nobilita’ direttamente la parrocchia. Fra l’altro anche i paesi di Scano e di Seriate non ospitarono comunità umiliate. Così nacque la parrocchiale primiceriale di Lallio. Per completezza riferisco che il primo documento in nostro possesso nel quale si parla del primicerio di Lallio è del 1315, quindi anteriore al 1336, anno del documento riportato nell’articolo di cui sto parlando, e che l’origine della parrocchia è da farsi risalire a un anno tra il 1215 e il 1260. Per brevità non mi è possibile entrare nell’argomento, comunque nel citato Lallio e la sua storia si trovano opportuni approfondimenti, è comunque interessante da riferirsi il fatto che il documento del 1315 parli di un parroco di Lallio, certo Filippo, divenuto poi parroco proprio di quella “chiesa dei ss. Maria e Bartolomeo di Rasolo nei prati di s. Alessandro”, umiliata,  di cui si è parlato poco sopra.

Il Nani porta come ulteriori elementi il fatto “che la dedicazione di s. Bartolomeo dei loro luoghi di culto è quasi una costante degli umiliati”. Verissimo, ma io ho contato 13 chiese parrocchiali e altre 5 cappelle nella diocesi di Bergamo con eguale intitolazione, ma nessuna in un paese con certa presenza di una domus umiliata.

Altro indizio contro la tesi di una domus a Lallio. Nella Nota ecclesiarum civitatis et episcopatus Bergomi del 1360 troviamo l’elenco delle domus bergamasche, troviamo indicata anche la pieve di Lallio per segnalare il convento di Stezzano, ma lo stesso Lallio non è indicato, se fosse esistita una casa nel nostro paese, a maggior ragione sarebbe stata riportata.

Esiste anche qualche indizio a favore della tesi sostenuta nell’articolo di due mesi fa. Che comunque ci sembra abbastanza debole. Abbiamo già citato fra Marchesino di Lallio e il primicerio di Lallio Filippo divenuti prevosti “della chiesa con annesso ospedale dei ss. Maria e Bartolomeo di Rasolo nel prato di s. Alessandro”; anche il fatto dell’intitolazione della parrocchia a s. Bartolomeo, se non è una prova, può essere un indizio.

Un altro elemento che merita di essere sviluppato è costituito dal fatto che si parla insistentemente di una Casa dei Frati di antica data e si indica il cortile abitato per molte generazioni dalla famiglia Cavalli; si scorgono tracce di costruzioni medioevali e si dice che ci fosse una chiesetta.

Inoltre, come fa notare M. T. Brolis, la presenza dell’ordine nel mondo rurale risulta evidente da un semplice confronto quantitativo tra le case cittadine e quelle del contado: sulle 21 fondazioni riportate nell’elenco del 1298, infatti solo 7 ebbero un’origine sicuramente urbana; le rimanenti 14 - cui vanno aggiunte 3 conventi sconosciuti ai cataloghi - rimandano a località esterne a Bergamo, per lo più comprese nella fascia pianeggiante e collinare della provincia bergamasca, ad eccezione di due comuni montani situati nella Val Cavallina.

È da notarsi poi che Lallio è vicino alla strada che collegava Bergamo con Milano e passante per Vaprio, Osio e Stezzano (ora Milano è stato il centro propulsivo del moto umiliato lombardo) e che la maggior parte delle case umiliate si trovava al di là dell’Adda.